75° ANNIVERSARIO ECCIDIO DI VILLAMARZANA

La Parola che abbiamo ascoltato ci porta un messaggio di pace e di fraternità
13-10-2019

La Parola che abbiamo ascoltato ci porta un messaggio di pace e di fraternità. Dio non fa differenza di razza e di nazionalità, ma ogni uomo può essere salvato da Lui grazie alla fede. È interessante vedere come già nell’Antico Testamento, il Dio che ha stretto un’Alleanza con Israele è un Dio che vuole la salvezza di tutti gli uomini, a prescindere dalla loro razza o nazionalità. Significativo a questo proposito è l’episodio della guarigione del generale dell’esercito del re di Aram, dunque uno straniero e pagano, che riconosce il Dio di Israele come l’unico Dio: «Ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele». Nel Nuovo Testamento risalta ancora più chiaramente la chiamata universale alla salvezza in Gesù Cristo. Colpisce come i Vangeli mettano in evidenza, talvolta anche con un sottile umorismo, la fede dei pagani, degli stranieri: nell’episodio dei dieci lebbrosi guariti, l’unico a tornare da Gesù dopo la guarigione è un samaritano. Gesù evidenzia questo particolare: «Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero».

L’universalismo è un dato intrinseco della rivelazione ebraico-cristiana: un uso della religione per discriminare gruppi e popoli contraddice radicalmente l’immagine di Dio che la Bibbia ci presenta. Da questa visione di Dio nasce la fraternità tra gli uomini e l’impegno per tutti i credenti di operare per la riconciliazione e la pace.

Ricordare, come facciamo oggi, gli orrori della guerra ci spinge a lavorare per una umanità riconciliata. Non possiamo infatti illuderci che la pace sia garantita, neppure nel nostro paese dove l’esperienza vissuta della guerra è limitata a pochi anziani ed è estranea. – per nostra fortuna – alle generazioni più giovani. Per noi nati e cresciuti in tempo di pace può sembrare di essere immuni dalla guerra: troppo grande l’orrore per non ritenerlo un’assurdità che non può ripetersi.

Commemorare come facciamo quest’oggi, una strage di persone innocenti vittime di una rappresaglia, è importante per tenere viva la coscienza di un pericolo che è sempre in agguato: la radice del male e dell’orrore è infatti nel cuore dell’uomo e se non ci preoccupiamo di guarire il cuore con un’autentica conversione a Dio e all’uomo gli orrori del passato possono ritornare. Del resto non possiamo non essere preoccupati per la tendenza, a fronte di una sempre maggiore integrazione di tutta l’umanità, a una progressiva chiusura tra un popolo e un altro popolo, tra gruppi sociali e religiosi, tra ricchi e poveri. La stessa vita sociale è segnata da un deterioramento dei rapporti sociali e politici: l’avversario politico diventa nemico, il linguaggio del dibattito pubblico diventa sempre più violento e aggressivo giustificando comportamenti poco rispettosi della dignità delle persone. La religione stessa viene strumentalizzata per sostenere visioni nazionaliste e per mettere l’uno contro l’altro.

Non dobbiamo però disperare: riprendendo le espressioni della 2a lettura dobbiamo credere che la Parola di Dio non è incatenata e continua a interpellare le coscienze degli uomini di buona volontà per guidarli al rispetto e alla promozione della dignità di tutti gli uomini e di tutto l’uomo.

Mentre preghiamo per le vittime delle stragi del passato, in particolare dell’eccidio che si è compiuto 75 anni fa qui a Villamarzana, chiediamo al Signore di aiutarci ad essere costruttori di pace per questo nostro mondo inquieto e smarrito.