Messa Crismale

10-04-2019

Il primo pensiero che questa sera vorrei esprimere è di lode e di ringraziamento al Signore per il nostro essere chiesa. Con le parole dell’Apocalisse «A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli». Questa celebrazione è stata definita «epifania della chiesa» perché ci permette di vivere tutta la varietà di doni, carismi e ministeri di cui il Signore ci ha arricchiti.
Vorrei invitarvi in questo momento a fare memoria di persone, esperienze, iniziative che ci stanno aiutando a crescere nella fede e nella vita cristiana: siamo spesso tentati di evidenziare gli esempi negativi, i difetti, ciò che manca, proviamo invece questa sera a richiamare alla nostra attenzione la bellezza di fede e di vita cristiana presente nella nostra diocesi, nelle tante comunità, grandi e piccole, sparse per il territorio, nelle famiglie che sono la prima cellula della chiesa, nel servizio generoso dei presbiteri e dei diaconi, nella fedeltà dei religiosi/e e delle altre persone consacrate.
Non dobbiamo però fermarci ad una considerazione superficiale, ma dobbiamo andare in profondità: la chiesa non è una delle tante comunità umane, nasce da un progetto di Dio e ha una missione che Dio le affida. La liturgia di questa messa ci guida ad entrare nel mistero della Chiesa attraverso l’«unzione spirituale», a cui si richiama anche il rito della benedizione degli oli.
«Lo Spirito del Signore è su di me, perché mi ha consacrato con l’unzione» sono le parole con cui il profeta descrive la propria vocazione. L’unzione è il segno della presenza dello Spirito di Dio nel suo inviato: anche Gesù nella sinagoga di Nazareth, applicando a sé il testo di Isaia, si è presentato come il «consacrato con l’unzione». Di questa unzione rende partecipi coloro che credono in lui e formano il nuovo popolo di Dio, chiamato a continuare la sua missione.
L’«unzione spirituale» da cui nasce la Chiesa è per la missione («mi ha consacrato e mi ha mandato»). E’ una missione che tocca la vita degli uomini, in particolare dei poveri, dei prigionieri, degli oppressi, è un «buon annuncio» da dare.
Che cosa significa per noi, Chiesa di Adria-Rovigo, sentire che anche noi siamo oggetto di questa «unzione spirituale», che lo Spirito del Signore è su di noi e che siamo mandati alla gente che vive in questo territorio?
Mi sembra ci sia richiesto innanzitutto uno sforzo per non fermarci ad una considerazione solo (o prevalentemente) umana, sociale della comunità ecclesiale. E’ buona cosa ad esempio che la parrocchia sia centro di aggregazione, ma ciò non deve farci perdere di vista che la sua missione è principalmente far incontrare la vita degli uomini con il Vangelo. Per questo dobbiamo andare all’essenziale: coltivare la dimensione spirituale, che ci permette di sentire lo Spirito che è su di noi e che ci invia in missione. In questo anno pastorale ho proposto di ripartire dalla Parola di Dio per ripensare il volto delle nostre comunità cristiane: è attraverso la Parola infatti che lo Spirito ci guida e ci converte.
Una seconda indicazione riguarda la priorità della missione: la missione non è per la chiesa, per aumentare la sua influenza nel mondo o per accrescere le sue strutture e la sua organizzazione; la chiesa invece è per la missione, nel senso che la sua ragion d’essere sta nella testimonianza da dare agli uomini di una vita che ha la forma del Vangelo. Dare priorità alla missione ci può liberare dal clima di nostalgia e di rimpianto in cui spesso vivono le nostre comunità. In un «cambiamento d’epoca», come quello che stiamo vivendo, è facile rimanere paralizzati dal senso della perdita e del lutto: quante perdite, anche dal punto di vista ecclesiale, stiamo vivendo in questi anni! E’ necessario però che sappiamo ripartire, prendendo atto della nostra povertà di mezzi umani, ma allo stesso tempo con la consapevolezza che abbiamo una missione da compiere e che lo Spirito del Signore è su di noi. Siamo chiamati a rivivere l’esperienza dei discepoli che dopo la morte di Gesù faticavano a credere nella risurrezione e solo dopo la Pentecoste sono partiti per la missione: anche la nostra chiesa deve fare questo passaggio dal «lutto» alla missione.
La messa crismale prevede anche il rinnovo delle promesse sacerdotali da parte del vescovo e dei presbiteri davanti al popolo di Dio che sono chiamati a servire: questo gesto ci aiuta a vivere l’intima relazione tra il sacerdozio comune di tutti i fedeli, basato sul battesimo, e il sacerdozio ministeriale, che ha la sua radice nel sacramento dell’ordine. E’ l’occasione per apprezzare il grande dono del ministero ordinato, per rinnovare l’impegno di pregare per i preti e di sostenerli nelle fatiche del loro servizio.
In questo contesto vogliamo ricordare i presbiteri che festeggiano quest’anno un anniversario significativo della loro ordinazione presbiterale:
– il 25° di ordinazione don Stefano Maniezzo
– il 50° di ordinazione don Franco Ferrari, don Antonio Piva, fra’ Luciano Pastorello OFM Capp.
– il 60° di ordinazione don Gianni Azzi e don Angelo Gianesella;
– il 70° di ordinazione don Antonio Bertoli e don Giacomo Prandini.
A loro il grazie più vivo di tutta la nostra Chiesa per la generosità e la fedeltà di cui hanno dato prova e l’augurio che il Signore dia loro ancora a lungo salute e forza per continuare il loro servizio a favore del popolo di Dio. Un pensiero affettuoso e riconoscente rivolgo al Vescovo emerito mons. Lucio Soravito De Franceschi, a cui siamo vicini in questa fase della sua vita segnata da un serio declino psicofisico. Con lui ricordiamo i presbiteri anziani e ammalati, che non hanno potuto essere presenti a questa celebrazione ma sono uniti a noi nella preghiera e nell’offerta della loro sofferenza. Allo stesso modo ci sentiamo in comunione con mons. Matteo De Mori e don Luca Marabese, impegnati nel servizio diplomatico della Santa Sede, mons. Livio Melina, docente a Roma presso il Pontificio Istituto “Giovanni Paolo II” e mons. Giordano Caberletti, Uditore del Tribunale Apostolico della Rota Romana. Con un affetto tutto particolare sentiamo vicino a noi don Giuseppe Mazzocco, missionario «fidei donum» nella Diocesi di Beira in Mozambico, provata dalla devastazione del ciclone.
Chiediamo la grazia di poter sperimentare questa sera la forza dell’unzione spirituale che Cristo Crocifisso e Risorto dona incessantemente alla sua Chiesa attraverso i suoi sacramenti e offriamo sull’altare dell’eucaristia la nostra decisione di diventare tutti insieme docili strumenti dell’annuncio del Vangelo.