Solennità dei Ss. apostoli Pietro e Paolo

Cattedrale di Adria
29-06-2018

La solennità odierna ci invita non solo a considerare la figura dei due grandi apostoli Pietro e Paolo, ma anche a contemplare il mistero della Chiesa che in loro si è manifestato. In particolare vorrei questa sera soffermarmi sulla cattolicità della Chiesa. La Chiesa infatti è cattolica, cioè universale: il disegno di Dio è di fare dell’umanità una sola famiglia e la missione della Chiesa ha proprio questo scopo radunare tutti i popoli nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Pietro e Paolo hanno dedicato tutta la loro vita per questo scopo. Paolo, lo abbiamo sentito nella seconda lettura, ringrazia il Signore perché gli è stato vicino in modo che potesse «portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero». Pietro è liberato dal carcere per poter proseguire la predicazione del Vangelo. E’ significativo che entrambi si siano recati a Roma, dove subirono il martirio: questa città era il luogo di convergenza di tutti i popoli e proprio per questo poteva diventare prima di ogni altra espressione dell’universalità del Vangelo. Intraprendendo il viaggio da Gerusalemme a Roma, sicuramente sentivano di seguire le voci dei profeti, la fede e la preghiera d’Israele. Fa parte infatti anche dell’annuncio dell’Antica Alleanza la missione verso tutto il mondo: il popolo di Israele era destinato ad essere luce per le genti.
Cattolicità significa universalità ovvero molteplicità che diventa unità; unità che rimane tuttavia molteplicità. Dalla parola di Paolo sulla universalità della Chiesa abbiamo già visto che fa parte di questa unità la capacità dei popoli di superare se stessi, per guardare verso l’unico Dio. Sant’Ireneo di Lione, ha espresso questo legame tra cattolicità e unità in modo molto bello: “Questa dottrina e questa fede la Chiesa disseminata in tutto il mondo custodisce diligentemente formando quasi un’unica famiglia: la stessa fede con una sola anima e un solo cuore, la stessa predicazione, insegnamento, tradizione come avesse una sola bocca. Diverse sono le lingue secondo le regioni, ma unica e medesima è la forza della tradizione. Le Chiese di Germania non hanno una fede o tradizione diversa, come neppure quelle di Spagna, di Gallia, di Egitto, di Libia, dell’Oriente, del centro della terra; come il sole creatura di Dio è uno solo e identico in tutto il mondo, così la luce della vera predicazione splende dovunque e illumina tutti gli uomini che vogliono venire alla cognizione della verità” (Adv. haer. I 10,2). L’unità degli uomini nella loro molteplicità è diventata possibile perché Dio, questo unico Dio del cielo e della terra, si è mostrato a noi.
Ho avuto modo anch’io di vedere e di meditare la cattolicità della Chiesa nel viaggio fatto nei giorni scorsi in Mozambico per visitare la missione che la nostra Diocesi ha aperto assieme alla Diocesi di Vicenza, missione dove è impegnato don Giuseppe Mazzocco, che ad Adria conoscete bene. Ho avuto modo di sperimentare l’unità della fede nella diversità delle culture e delle tradizioni. Ho toccato con mano che la fede nel Dio di Gesù Cristo abbatte le barriere e ci rende fratelli.
Questa esperienza mi ha fatto comprendere che l’annuncio del Vangelo abbatte i muri di divisione che esistono trai popoli e i gruppi sociali. Ho capito ancora meglio che come cristiani dobbiamo avere uno sguardo cattolico, cioè universale. Dobbiamo essere capaci di andare oltre la nostra prospettiva limitata e guardare il mondo e i suoi problemi a partire dalla profonda unità che lega tra loro tutti gli uomini. Per questo il Vangelo è scomodo e, se non viene ridotto ad un semplice ornamento, ci mette in discussione e ci inquieta. E’ questo un discorso di grande attualità e che ci deve coinvolgere come cristiani ma anche come cittadini. Non possiamo chiuderci nella difesa dei nostri interessi, ignorando i problemi della fame, del sottosviluppo, dell’ingiustizia e della sperequazione che regna nei rapporti tra le varie parti del mondo.
I Santi Pietro e Paolo ci aiutino a non chiuderci nel nostro piccolo guscio, ma ci spingano ad andare verso i fratelli, facendoci carico con generosità della loro povertà impegnandoci per rimuovere i meccanismi sociali ed economici che producono miseria e sfruttamento ostacolando il disegno di Dio di fare dell’umanità una sola famiglia.