I testi biblici che ci sono stati proposti ci invitano a leggere la vita e l’opera di San Bellino alla luce del suo ministero pastorale. Le letture della Messa a lui dedicata, mettono in rilievo la figura del Buon Pastore, colui che si prende cura delle pecore del suo gregge. Il profeta Ezechiele descrive con espressioni toccanti la cura del pastore: «Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare (…). Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia» (Ez. 34,15-16). Anche oggi abbiamo bisogno di un Pastore che si prenda cura di noi: Gesù, il Pastore grande, il Pastore bello, il buon pastore, continua a offrirci questa cura e questa guida anche attraverso coloro che ha scelto come guide della sua Chiesa.
San Bellino nel suo tempo è stato un pastore buono, che ha reso presente l’amore e la cura del Pastore grande, il Signore Gesù. Gli studi storici ci restituiscono una figura di pastore impegnato a riportare la Chiesa alla sua dimensione propriamente spirituale, ma anche partecipe della vita della società civile, preoccupato soprattutto dei più poveri e indifesi. Di lui si ricorda in particolare l’attenzione per i servi della gleba, che a quel tempo erano la categoria più povera e umiliata.
Quest’anno vorrei sottolineare la scelta privilegiata dei poveri, a cui siamo chiamati come singoli e come comunità. Lo faccio prendendo spunto dall’Esortazione Apostolica Dilexi Te, il primo documento magisteriale di papa Leone, dedicata «all’amore verso i poveri».
Innanzitutto è importante accorgersi dei poveri: la loro presenza è un grido che ci interpella come cristiani e una sfida permanente. Scrive Papa Leone in Dilexi Te: «L’amore per i poveri è un elemento essenziale della storia di Dio con noi e, dal cuore stesso della Chiesa, prorompe come un continuo appello ai cuori dei credenti, sia delle comunità che dei singoli fedeli. In quanto è Corpo di Cristo, la Chiesa sente come propria “carne” la vita dei poveri, i quali sono parte privilegiata del popolo in cammino. Per questo l’amore a coloro che sono poveri – in qualunque forma si manifesti tale povertà – è la garanzia evangelica di una Chiesa fedele al cuore di Dio. Infatti, ogni rinnovamento ecclesiale ha sempre avuto fra le sue priorità questa attenzione preferenziale ai poveri, che si differenzia, sia nelle motivazioni sia nello stile, dall’attività di qualunque altra organizzazione umanitaria». (n. 103).
La mentalità oggi dominante non ci aiuta a prenderci cura dei poveri, anzi ci spinge ad abbandonarli al loro destino e a non considerarli degni di attenzione. Alcune forme di povertà, poi, appaiono all’opinione pubblica particolarmente sgradevoli e non meritevoli di considerazione e di cura: penso a titolo di esempio i carcerati e i migranti. Quante volte abbiamo sentito dire «se ne stiano chiusi in carcere a scontare i loro delitti» oppure «tornino al loro paese, non vengano qui a disturbarci». Anche noi, quando incontriamo un povero, siamo posti di fronte ad un bivio, così come accadde al samaritano della parabola: «Quando incontro una persona che dorme alle intemperie, in una notte fredda, posso sentire che questo fagotto è un imprevisto che mi intralcia, un delinquente ozioso, un ostacolo sul mio cammino, un pungiglione molesto per la mia coscienza, un problema che devono risolvere i politici, e forse anche un’immondizia che sporca lo spazio pubblico. Oppure posso reagire a partire dalla fede e dalla carità e riconoscere in lui un essere umano con la mia stessa dignità, una creatura infinitamente amata dal Padre, un’immagine di Dio, un fratello redento da Cristo» (Francesco, Es. Ap. Gaudete et Exultate 98).
I poveri non sono solo i destinatari della nostra carità: essi non solo ricevono aiuto, ma sono portatori di un dono. Lo spiega con parole molto belle Papa Leone in Dilexi Te: «È questa una sorprendente esperienza attestata dalla tradizione cristiana e che diventa una vera e propria svolta nella nostra vita personale, quando ci accorgiamo che sono proprio i poveri a evangelizzarci. In che modo? Nel silenzio della loro condizione, essi ci pongono di fronte alla nostra debolezza. L’anziano, ad esempio, con la fragilità del suo corpo, ci ricorda la nostra vulnerabilità, anche se cerchiamo di nasconderla dietro il benessere o l’apparenza. Inoltre, i poveri ci fanno riflettere sull’inconsistenza di quell’orgoglio aggressivo con cui spesso affrontiamo le difficoltà della vita. In sostanza, essi rivelano la nostra precarietà e la vacuità di una vita apparentemente protetta e sicura» (n. 109).
Da un paio d’anni come Diocesi abbiamo l’opportunità di vivere ogni giorno questa scoperta preziosa, da quando cioè abbiamo collocato al centro della «Casa della Diocesi» la mensa per i poveri (Locanda della Casa). Ci siamo accorti che questa presenza non è solo un impegno, ma è un dono che ci aiuta a vivere in modo più vero ed autentico il Vangelo. Anche molte comunità vivono questa esperienza di incontro con i poveri: penso ai centri di ascolto e al servizio di distribuzione di viveri e di vestiti gestiti da molte Caritas parrocchiali, ai gruppi di volontariato in carcere, negli ospedali, nelle case di riposo, alle scuole di italiano per stranieri, agli oratori aperti ai ragazzi stranieri.
San Bellino interceda per noi, perché non venga mai meno nella nostra Chiesa uno sguardo amorevole e sollecito verso i poveri, ogni povero, tutti i poveri.
