Veglia di preghiera dei lavoratori con il Vescovo

L'intervento di mons. Pavanello

Anche quest’anno rinnoviamo la consuetudine di un momento di riflessione e di preghiera in prossimità del 1° maggio, festa dei lavoratori. E’ un piccolo segno che come vescovo e come chiesa diocesana di Adria-Rovigo vogliamo porre per dire la nostra attenzione al mondo del lavoro. Desidero ringraziare la proprietà del Gruppo SIT e la direzione dello stabilimento di Rovigo che ci ospitano questa sera assieme all’Ufficio diocesano della Pastorale Sociale del lavoro e al Movimento Lavoratori di Azione Cattolica che hanno organizzato questo incontro. Siamo consapevoli che il compito primario della Chiesa di annunciare il Vangelo comporta anche l’impegno di mostrare come il Vangelo illumini con una parola di fiducia e di speranza anche la realtà sociale ed economica, mostrando in particolare il valore e la dignità del lavoro. Papa Francesco ha sintetizzato in quattro aggettivi l’orizzonte entro il quale promuovere la tutela e la dignità del lavoro: dobbiamo operare per un lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale. Questa sera in particolare ci soffermiamo sul secondo di questi aggettivi: un lavoro creativo, ovvero, per usare una parola molto usata oggi un lavoro «generativo».

Mi sembra che questa sottolineatura sul carattere «generativo del lavoro sia quanto mai opportuna nella situazione specifica del nostro territorio polesano, che soffre come non mai di decrescita sociale ed economica legati principalmente alla crisi demografica. Il tema del lavoro è centrale per tentare di riavviare un processo di sviluppo. In particolare è decisiva la consapevolezza del rapporto tra lavoro e comunità: il lavoro fonda una comunità, ma allo stesso tempo è la comunità che crea lavoro. Il lavoro infatti si crea dentro un contesto di relazioni, perché non si nutre solo della dimensione economica, ma è anche esperienza sociale. Le idee e le iniziative di un imprenditore hanno sempre alle spalle ricercatori, progettatori, esperti commerciali, comunicatori. In altri termini si crea lavoro laddove si edificano tessuti sociali vitali: si lavora sempre «con» e «per» qualcun altro. Questo spiega anche la crisi attuale, specie quella del nostro territorio: l’individualismo infatti non genera lavoro. L’individualismo «è deserto per ogni forma di cooperazione e di impresa. Spegne sul nascere qualsiasi slancio ideale e sociale. Tarpa le ali alla creatività» (Bruno Bignami, Chiesa, giovani e lavoro, in Rivista del Clero Italiano 2019/3 p. 192). Ritengo questa riflessione sul rapporto tra lavoro e comunità molto importante anche per la nostra realtà polesana, dove si registra una difficoltà evidente a fare rete e una tendenza accentuata alla frammentazione. Dobbiamo chiederci se non sia questo uno dei fattori che impediscono lo sviluppo sociale ed economico della nostra terra indirizzandola invece verso un declino che rischia di diventare irreversibile.

Vorrei richiamare l’urgenza di iniziative che spingano i nostri giovani migliori a rimanere nella loro terra (o a ritornarvi dopo esperienze professionali altrove in Italia o all’estero), come pure la necessità di accogliere e inserire forza lavoro dall’esterno. Senza un contributo significativo dal di fuori difficilmente la nostra comunità potrà invertire il trend demografico che la sta pesantemente penalizzando. In questo contesto vorrei esprimere la mia solidarietà al Presidente della Provincia, Ivan Dall’Ara, per gli attacchi ricevuti in relazione ad alcune affermazioni a favore dell’accoglienza e dell’integrazione dei migranti fatte in occasione delle celebrazioni del XXV aprile.

Concludo citando il messaggio dei Vescovi italiani per la Festa del 1° maggio 2019: «La sfida affascinante della vita del Paese (e quella su cui ci giochiamo il futuro del lavoro) può essere vinta solo superando la carestia di speranza, puntando su fiducia, accoglienza ed innovazione e non chiudendosi nella sterilità della paura e nel conflitto. Comprendendo che l’altro non è colui che mi contende una ricchezza data ma è un dono e un’occasione per costruire una “torta” più grande. La storia del progresso umano insegna che il benessere economico e sociale non è un’acquisizione data ed acquisita su cui lottare per la spartizione. Il vero tesoro di una comunità (e quindi del nostro Paese) e garanzia per il suo futuro è la somma delle fatiche e delle competenze, dell’impegno a contribuire al progresso civile e della capacità di cooperare e fare squadra dei propri cittadini. Se sapremo preservare ed arricchire questo tesoro riusciremo anche a vincere la sfida della dignità del lavoro di oggi e del futuro»