Una sorta di tempo supplementare di riflessione per la riapertura ai fedeli delle Messe e delle altre cerimonie religiose, mentre c’è il via libera dal 4 maggio per i funerali con la partecipazione al massimo dei parenti più stretti fino a un massimo di 15 persone. E’ questa la decisione, dettata da considerazioni di sicurezza sanitaria, contenuta nel Dpcm presentato questa sera in conferenza stampa dal premier Conte, insieme a tutte le altre misure per la riapertura progressiva delle attività in Italia.
“Devo ringraziare la Conferenza episcopale italiane, comprendo che si tratta di un diritto fondamentale delle persone, la libertà di culto, comprendo la sofferenza – ha continuato Conte – ma dobbiamo continuare a interloquire con il Comitato tecnico scientifico, confido di lavorare per un pacchetto stringente di misure da mettere a punto nella prossime settimane”. Dunque al momento niente aperture delle Messe ai fedeli anche dopo il 4 maggio. Il premier ha ammesso che esistono “rigidità” all’interno del Comitato tecnico-scientifico.
Dura la reazione della Conferenza episcopale italiana, che in queste settimane aveva avviato un inteso dialogo con le istituzioni per far fronte con responsabilità al progressivo ritorno alla normalità della vita ecclesiale, forti anche della parole della ministra Lamorgese proprio ad Avvenire (“In considerazione di un quadro sanitario in parziale miglioramento, sono allo studio del governo nuove misure per consentire il più ampio esercizio della libertà di culto”). L’Ufficio Comunicazioni sociali della Cei in una nota dal titolo “Il disaccordo dei Vescovi” (LEGGI QUI) scrive: i Vescovi “non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale“.
La decisione di Conte su indicazione del Cts, per quanto evidentemente sofferta, non sembra essere stata del tutto condivisa in seno al governo. “Non posso tacere di fronte alla decisione incomprensibile di non concedere la possibilità di celebrare funzioni religiose”, ha dichiarato all’Ansa la ministra alle Pari Opportunità e alla Famiglia Elena Bonetti. “Non ho mai condiviso questa decisione e non credo ci assolva riferirci alla rigidità del parere del Comitato tecnico scientifico. Sta alla politica tutelare il benessere integrale del Paese, e la libertà religiosa è tra le nostre libertà fondamentali”.
Anche il capogruppo del Pd al Senato, Andrea Marcucci, è critico verso il governo: “Credo che l’ammonimento dei vescovi italiani sia corretto. Non poter individuare ipotesi che prevedano il distanziamento sociale ma permettano le funzioni religiose sembra incomprensibile. Spero che il governo ci metta più attenzione”.
Del resto questa soluzione era sembrata trasparire nella risposta data dallo Stesso Conte in un’intervista pubblicata questa mattina da Repubblica: “Abbiamo sollecitato al Comitato tecnico-scientifico l’indicazione di nuove regole per le cerimonie religiose. Auspichiamo di poter venire incontro all’esigenza, fondamentale per i credenti, di accostarsi ai sacramenti”.
Proprio oggi, nella sua omelia (QUI) a Perugia il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, aveva rivolto una supplica: «Signore noi abbiamo bisogno di te! Dei tuoi gesti e delle tue parole: speriamo di poter tornare presto a celebrare l’Eucarestia! Te lo chiediamo col cuore». E nella lettera settimanale alla comunità diocesana di Perugia, il cardinale aveva osservato che “è arrivato il tempo di riprendere la celebrazione dell’Eucarestia domenicale e dei funerali in chiesa, oltre ai battesimi e a tutti gli altri sacramenti, naturalmente seguendo quelle misure necessarie a garantire la sicurezza in presenza di più persone nei luoghi pubblici». Il porporato aveva tenuto a ribadire anche la propria gratitudine al governo, nella persona del ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, per la «sintonia» con cui si sta procedendo verso il nuovo periodo, a partire dal 4 maggio. Una sintonia manifestata dalla ministra anche nell’intervista ad Avvenire in cui aveva annunciato che «in considerazione di un quadro sanitario in parziale miglioramento, sono allo studio del governo nuove misure per consentire il più ampio esercizio della libertà di culto».
La stessa titolare del Viminale aveva anche definito «continui e proficui» i contatti con la Cei in vista dei prossimi provvedimenti: «Proporrò al governo, in vista della fase di graduale riapertura, di compiere un passo concreto: dobbiamo poter tornare a celebrare i funerali, seppure alla presenza soltanto degli stretti congiunti». Il tutto, però sempre nel rispetto della opportuna prudenza.
Una nota dell’ufficio Comunicazioni sociali della Conferenza episcopale italiana commenta la decisione del governo di lasciare sospese le “Messe con popolo” all’inizio dell’imminente “Fase 2”.
La nota, titolata “Il disaccordo dei Vescovi – DPCM, la posizione della CEI” inizia ricordando le parole pronunciate dal ministro dell’Interno Luciana Lamorgese ad Avvenire pochi giorni fa: “Sono allo studio del Governo nuove misure per consentire il più ampio esercizio della libertà di culto”. Parole, dice la nota, che “arrivavano dopo un’interlocuzione continua e disponibile tra la Segreteria Generale della Cei, il ministero e la stessa presidenza del Consiglio“.
“Un’interlocuzione – prosegue la nota Cei – nella quale la Chiesa ha accettato, con sofferenza e senso di responsabilità, le limitazioni governative assunte per far fronte all’emergenza sanitaria. Un’interlocuzione nel corso della quale più volte si è sottolineato in maniera esplicita che – nel momento in cui vengano ridotte le limitazioni assunte per far fronte alla pandemia – la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale. Ora, dopo queste settimane di negoziato che hanno visto la Cei presentare Orientamenti e Protocolli con cui affrontare una fase transitoria nel pieno rispetto di tutte le norme sanitarie, il Decreto della presidenza del Consiglio dei ministri varato questa sera esclude arbitrariamente la possibilità di celebrare la Messa con il popolo“.
La nota richiama quindi “alla presidenza del Consiglio e al Comitato tecnico-scientifico” il “dovere di distinguere tra la loro responsabilità – dare indicazioni precise di carattere sanitario – e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia“.
I Vescovi italiani – si conclude – “non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale“.
Da Avvenire
Foto: Rovigo (Duomo-Concattedrale e Torre Donà), skyline di Massimo Gallo