VEGLIA MISSIONARIA

Rovigo, Duomo Concattedrale
06-10-2018

Permettetemi di iniziare questo breve pensiero con un ricordo personale. Durante la mia visita alla missione interdiocesana in Mozambico, dove opera don Giuseppe Mazzocco a cui va questa sera il nostro saluto e la nostra preghiera, una sera, dopo la messa in una comunità, mi sono fermato con il gruppo di ragazzi dell’ ”infanzia missionaria”. Si sono riuniti in una angolo della cappella, un ambiente che da noi a stento potrebbe essere usato come deposito di strumenti agricoli o come stalla. Mi ha colpito la serietà e l’impegno sia dei ragazzi che dei giovani animatori. Mi è piaciuto vedere come anche loro, che sono destinatari della nostra missione, coltivano la sensibilità missionaria.
Da pochi giorni è iniziato a Roma il Sinodo dei vescovi che tratta il tema «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale»: è un’occasione preziosa anche per la nostra Chiesa diocesana per ripensare il nostro rapporto con i giovani e per cercare di comprendere come possiamo aiutarli a sentirsi parte viva della comunità cristiana. Una chiesa che non sa ascoltare e accogliere i giovani è una chiesa senza futuro, ma non è solo la chiesa che ha bisogno dei giovani, anche loro hanno bisogno della chiesa per poter ascoltare la buona notizia del Vangelo e diventare a loro volta evangelizzatori.
Nell’omelia con cui Papa Francesco ha aperto il Sinodo, mercoledì mattina, mi ha colpito in modo particolare un passo: «All’inizio di questo momento di grazia per tutta la Chiesa, in sintonia con la Parola di Dio, chiediamo con insistenza al Paraclito che ci aiuti a fare memoria e a ravvivare le parole del Signore che facevano ardere il nostro cuore (cfr Lc 24,32). Ardore e passione evangelica che generano l’ardore e la passione per Gesù. Memoria che possa risvegliare e rinnovare in noi la capacità di sognare e sperare. Perché sappiamo che i nostri giovani saranno capaci di profezia e di visione nella misura in cui noi, ormai adulti o anziani, siamo capaci di sognare e così contagiare e condividere i sogni e le speranze che portiamo nel cuore (cfr Gl 3,1)».
Mi sembra che il Papa ci inviti a rovesciare l’atteggiamento diffuso tra noi quando parliamo dei giovani, che è quello del lamento e della nostalgia del passato. Il problema non sono i giovani, siamo noi adulti e anziani: i giovani hanno bisogno che noi sappiamo sognare e contagiarli con i nostri sogni in modo da portarli a condividere la speranza che abbiamo nel cuore. In altri termini se i giovani sono “spenti” è perché noi non abbiamo ancora saputo “accenderli”. Hanno bisogno di vedere il Vangelo vissuto non solo insegnato. Hanno bisogno di sentire che il Vangelo è sempre nuovo perché ci apre alla speranza e alla gioia e per questo non basta che alle loro domande rispondiamo dicendo «Si è sempre fatto così».
Mettiamoci in ascolto dei nostri ragazzi e giovani per riscoprire una chiesa “giovane” capace di comunicare fiducia e speranza e così generare nuovi “discepoli missionari”.