SOLENNITÀ DI MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO

01-01-2020

Il nuovo anno si apre invocando la benedizione di Dio: «Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace».

Questa benedizione ci è offerta da Maria, che oggi veneriamo come madre di Dio: Lei ci dona il suo figlio, Gesù, la salvezza dell’umanità.

E’ questo il contesto in cui celebriamo anche quest’anno per la 53a volta, la Giornata Mondiale della Pace: chiediamo il dono di poter vivere giorni di pace.

Il messaggio che papa Francesco ha indirizzato a tutti gli uomini di buona volontà svolge quest’anno il tema: «La pace come cammino di speranza: dialogo, riconciliazione e conversione ecologica».

Prima di presentare alcuni passaggi di questo messaggio, vorrei fare una considerazione generale: le riflessioni che Papa Francesco ci propone non riguardano solo i grandi del mondo, ma toccano anche i nostri pensieri e inostri comportamenti in modo molto concreto. Mi sembra che il papa voglia farci capire che «la pace dipende anche da noi» (è il tema di una giornata della pace di tanti anni fa ma sempre attuale).

Il messaggio del Papa si articola in quattro capitoli, che rispondono a quattro parole: speranza, dialogo, riconciliazione e conversione ecologica.

Il primo capitolo parla della «pace come cammino di speranza». Mi ha colpito una considerazione che Papa Francesco fa trattando questo aspetto: «La guerra, lo sappiamo, comincia spesso con l’insofferenza per la diversità dell’altro, che fomenta il desiderio di possesso e la volontà di dominio. Nasce nel cuore dell’uomo dall’egoismo e dalla superbia, dall’odio che induce a distruggere, a rinchiudere l’altro in un’immagine negativa, ad escluderlo e cancellarlo. La guerra si nutre di perversione delle relazioni, di ambizioni egemoniche, di abusi di potere, di paura dell’altro e della differenza vista come ostacolo; e nello stesso tempo alimenta tutto questo». Come è attuale e tocca anche noi la «paura dell’altro»: se non ci preoccupiamo di andare oltre questa paura, se diamo ascolto a chi sfrutta tale paura per costruire le proprie fortune politiche e per conquistare il potere, ostacoliamo la pace, diventiamo complici della guerra nelle sue varie forme: «Sfiducia e paura aumentano la fragilità dei rapporti e il rischio di violenza, in un circolo vizioso che non potrà mai condurre a una relazione di pace». La via da percorrere invece è quella «di perseguire una reale fratellanza, basata sulla comune origine da Dio ed esercitata nel dialogo e nella fiducia reciproca».

Il secondo capitolo ci presenta la pace come cammino di ascolto fondato sulla memoria, sulla solidarietà e sulla fraternità: «Il processo di pace è quindi un impegno che dura nel tempo. È un lavoro paziente di ricerca della verità e della giustizia, che onora la memoria delle vittime e che apre, passo dopo passo, a una speranza comune, più forte della vendetta. In uno Stato di diritto, la democrazia può essere un paradigma significativo di questo processo, se è basata sulla giustizia e sull’impegno a salvaguardare i diritti di ciascuno, specie se debole o emarginato, nella continua ricerca della verità». Vorrei evidenziare l’importanza della memoria: per costruire la pace infatti occorre custodire la memoria delle tragedie del passato. In particolare non dobbiamo dimenticare quanto è accaduto nel secolo scorso. Il ricordo dei lager e dei gulag dove milioni di persone sono state uccise, il ricordo dei dittatori che hanno condotto i loro popoli alla catastrofe della guerra, ci deve insegnare a non ripetere gli errori delle generazioni che ci hanno preceduto. Le tragedie dle’900 non dipendono solo dalla follia dei dittatori, ma anche dall’acquiescenza delle masse che riempivano le piazze per acclamarli, mentre altri seguivano la loro coscienza e resistevano, pagando con il carcere e spesso con la vita stessa la loro scelta.

Questo discorso ci porta al terzo capitolo, in cui la pace viene vista come un cammino di riconciliazione. Richiamo solo un pensiero di papa Francesco su questo tema: «L’altro non va mai rinchiuso in ciò che ha potuto dire o fare, ma va considerato per la promessa che porta in sé. Solo scegliendo la via del rispetto si potrà rompere la spirale della vendetta e intraprendere il cammino della speranza. (…) Questo cammino di riconciliazione ci chiama a trovare nel profondo del nostro cuore la forza del perdono e la capacità di riconoscerci come fratelli e sorelle. Imparare a vivere nel perdono accresce la nostra capacità di diventare donne e uomini di pace».

L’ultimo punto tocca una tematica molto attuale: la pace viene collegata alla «conversione ecologica». Anche qui riporto solo un passo del messaggio pontificio: «La conversione ecologica alla quale facciamo appello ci conduce quindi a un nuovo sguardo sulla vita, considerando la generosità del Creatore che ci ha donato la Terra e che ci richiama alla gioiosa sobrietà della condivisione. Tale conversione va intesa in maniera integrale, come una trasformazione delle relazioni che intratteniamo con le nostre sorelle e i nostri fratelli, con gli altri esseri viventi, con il creato nella sua ricchissima varietà, con il Creatore che è origine di ogni vita. Per il cristiano, essa richiede di “lasciar emergere tutte le conseguenze dell’incontro con Gesù nelle relazioni con il mondo”».

«Il cammino della riconciliazione richiede pazienza e fiducia. Non si ottiene la pace se non la si spera. Si tratta prima di tutto di credere nella possibilità della pace, di credere che l’altro ha il nostro stesso bisogno di pace. In questo, ci può ispirare l’amore di Dio per ciascuno di noi, amore liberante, illimitato, gratuito, instancabile».

All’inizio del nuovo anno ci auguriamo a vicenda di essere ogni giorno costruttori di pace nei nostri ambienti di vita, così che possiamo essere raggiunti dalla beatitudine evangelica: «Beatigli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio».