Sentenza della Corte, nota del Vescovo Pierantonio

In riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale del 26 settembre scorso

La sentenza della Corte Costituzionale del 26 settembre scorso relativamente al cosiddetto “suicidio assistito” suscita sconcerto e preoccupazione: sconcerto per una interpretazione che in nome della autodeterminazione del singolo mette in discussione il diritto fondamentale alla vita; preoccupazione per le possibili derive a favore della pratica dell’eutanasia.

Lasciando ad altri l’analisi delle implicazioni etiche e giuridiche della sentenza, mi sembra utile richiamare ciò che come comunità cristiana siamo chiamati a fare nella situazione che si è creata.

Premetto che ci si deve avvicinare alle problematiche del “fine vita” con grande rispetto e compassione per una sofferenza che talora diventa così acuta da portare a chiedere la morte. A mio avviso ci sono tre ambiti in cui è possibile e doveroso intervenire.

Un primo ambito riguarda la richiesta che l’intervento legislativo chiesto dalla Corte Costituzionale al Parlamento limiti la possibilità di estensioni e applicazioni indebite di quanto previsto nella sentenza, che – è bene ricordarlo – non legalizza l’aiuto al suicidio, ma lo dichiara non punibile in situazioni limitate e con condizioni ben precise. E’ necessario poi che la legge garantisca il diritto all’obiezione di coscienza dei medici e degli operatori sanitari. Nelle prossime settimane e mesi sarà fondamentale l’impegno di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita per sensibilizzare l’opinione pubblica, i gruppi politici e i singoli parlamentari.

Un secondo ambito tocca il dibattito culturale: occorre ricostruire una cultura della vita, presentando con coraggio le ragioni filosofiche e antropologiche che rendono la vita umana sempre indisponibile alla decisione del singolo e della società. In particolare è necessario chiarire il concetto di libertà, che non può limitarsi alla mera autodeterminazione ma deve sempre comprendere anche la responsabilità verso se stessi e verso gli altri.

Un terzo fondamentale ambito di intervento riguarda la testimonianza: testimonianza di cura e di accompagnamento di chi sta percorrendo il cammino della malattia e della disabilità. La cura e la vicinanza amorosa sono infatti fondamentali per superare la tentazione di darsi la morte. L’amore è più tenace della morte e riaccende la speranza nella vita anche nelle situazioni estreme. In particolare vanno diffuse e assicurate a tutti coloro che ne hanno bisogno le terapie palliative, che consentono di alleviare il dolore e di affrontare con dignità la fase terminale.