La celebrazione di questa sera non è una preparazione alla Pasqua, è già una celebrazione pasquale: La Pasqua non si celebra infatti solo il mattino della domenica della risurrezione, si celebra nei tre giorni santi del Triduo (giovedì, venerdì, sabato santo). L’unico evento pasquale, il passaggio di Gesù da questo mondo al Padre, ci appare in ognuno di questi tre giorni sotto una luce particolare. Non si tratta però di momenti successivi, come una sequenza di un film, ma in ognuno di questi tre giorni è già presente sia la morte che la risurrezione del Signore: morte e risurrezione infatti non possono mai essere separate, non possiamo mai cogliere l’una senza l’altra. In ognuno di questi tre giorni noi siamo chiamati a vivere la Pasqua di Gesù a partire da una prospettiva particolare, in modo che alla fine possiamo cogliere il mistero nella sua interezza. Quanto sto dicendo è vero anche per la commemorazione dell’ultima cena del Signore che celebriamo nella sera del giovedì santo. Nel contesto della cena pasquale, in cui gli ebrei ogni anno ricordavano la prima pasqua, il passaggio dalla schiavitù alla libertà, Gesù compie un gesto di una novità inaudita: spezza il pane, lo dà ai discepoli invitandoli a mangiarlo e dicendo “Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi”. Analogamente prende il calice del vino e lo porge ai discepoli dicendo “Questo è il mio sangue versato per voi, prendete e bevetene tutti”. Con questo gesto Gesù anticipa quanto avverrà il giorno successivo con la sua morte sulla croce: quella morte non è un incidente, Gesù va incontro liberamente alla morte e lo fa per amore: egli dona se stesso per la salvezza dell’umanità. Il pane spezzato e il vino versato anticipano questo dono e diventano il tramite perché anche chi, come noi, verrà dopo possa entrare in comunione con il Padre attraverso Gesù.
Con quel pane spezzato e con quel vino versato Gesù fa entrare i suoi discepoli nel significato della sua morte e li fa partecipi della forza che ne scaturisce. Per questo quando la Chiesa ripete il gesto di Gesù noi possiamo attingere sempre di nuovo forza e vita.
Nell’ultima cena Gesù istituendo l’Eucaristia ha portato il cielo sulla terra. Quando parliamo di «cielo» parliamo di Dio: infatti come il cielo è sopra di noi, così Dio è sempre con noi e costituisce l’orizzonte entro il quale si muove la nostra vita. L’eucaristia porta Dio vicino a noi, ci permette di entrare nella vita di Dio attraverso il sacrificio di Gesù. Nutrendoci dell’Eucaristia anche noi possiamo vivere un amore grande come quello di Gesù: nell’ultima cena Gesù non si è limitato a istituire un rito, ma con la lavanda dei piedi ci ha dato un esempio perché con la forza dell’eucaristia sappiamo anche noi come lui farci servi dei fratelli.
L’eucaristia allora è il sacramento della Pasqua che ci guida a morire con Cristo per risorgere con Lui a una vita nuova. È un cibo che ci trasforma interiormente per diventare creature nuove nell’amore. Non temiamo questa sera di sostare in adorazione e in preghiera davanti al dono che Gesù ci ha fatto: cerchiamo di immergerci in questo mistero di amore per entrare anche noi nella vita nuova che ci è stata donata nella pasqua di Gesù.