DOMENICA DI PASQUA – MESSA VESPERTINA

31-03-2024

Non è facile né scontato l’augurio che ci siamo scambiati oggi. Se ci pensiamo augurare «Buona Pasqua» è impegnativo: comporta infatti da parte di chi pronuncia queste parole una professione di fede. Chi dice «Buona Pasqua» infatti crede che la nostra vita personale, ma anche la storia umana può cambiare perché Dio interviene a liberarci dal male e dalla morte. E’ un’affermazione audace, perché tutto sembra smentirla: ogni giorno ci troviamo infatti a fare i conti con il male fisico ma più ancora con il male morale, frutto della libere scelte degli esseri umani. In questo momento poi il mondo ci appare prigioniero di una spirale di violenza che appare essere senza fine: un circolo vizioso che sembra impossibile spezzare. A ragione dubitiamo che ci possa essere una vita diversa, un nuovo inizio che dia al corso degli eventi una direzione diversa. Come sentiamo vicine a noi in questa sera di Pasqua le parole dei due discepoli in cammino verso Emmaus: «Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele, ma sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute…». La delusione e l’incapacità (o per meglio dire l’impossibilità) di sperare sono lo stato d’animo più diffuso nella nostra società, come anche le inchieste sociologiche puntualmente registrano. Dobbiamo fare i conti con questo stato d’animo se vogliamo fare Pasqua, se vogliamo cioè appropriarci del messaggio di vita e di speranza che l’annuncio della Risurrezione di Gesù ci offre.

La vicenda dei due discepoli di Emmaus ci propone un percorso da fare per passare anche noi dalla delusione e dallo smarrimento alla fede e alla speranza.

Partiamo da ciò che impedisce loro di prendere sul serio la notizia che il corpo di Gesù non è più nel sepolcro. Lo spiegano al viandante misterioso che si accosta loro: l’ostacolo che ha dissolto la loro speranza in Gesù è la morte in croce. Se Gesù è morto in croce, non può essere lui il Salvatore di Israele, colui che compie le promesse di Dio. Osserviamo che i due nutrivano una speranza «sbagliata»: speravano infatti in un Dio che avrebbe liberato Israele con la forza delle armi, annientando i nemici. Gesù invece percorre un’altra via: quella della debolezza e dell’apparente sconfitta, in cui però si rivela l’onnipotenza dell’amore. La Croce è la manifestazione più alta della gloria di Dio: la Risurrezione non cancella la Croce quasi fosse un lieto fine che supera un incidente di percorso, per questo il Risorto si fa riconoscere dai discepoli mostrando i segni dei chiodi sulle mani e sui piedi e la ferita della lancia nel fianco. Bisognava giungere al punto estremo della morte in croce perché Dio rivelasse la potenza del suo amore e della sua misericordia. E’ per questo amore e per questa misericordia che Gesù non è rimasto prigioniero della morte: Dio era con lui e non l’ha abbandonato.

I due discepoli di Emmaus arrivano a comprendere il senso vero della Croce innanzitutto attraverso la spiegazione delle Scritture che il viandante sconosciuto fa loro lungo la via. Ma la rivelazione si compie quando quest’ultimo ripete i gesti compiuti da Gesù durante la sua ultima cena: «prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro». Il pane spezzato e il vino versato spiegano infatti il senso della Croce: così i due discepoli comprendono che la loro speranza deve fondarsi non tanto sulla potenza delle parole e delle opere di Gesù, ma sulla debolezza di un amore che si consegna fino a morire.

Probabilmente ascoltandomi qualcuno di voi ha già fatto un collegamento tra l’esperienza dei due discepoli di Emmaus e la celebrazione dell’Eucaristia: anche nell’Eucaristia infatti ci vengono spiegate le Scritture e si ripetono i gesti di Gesù nell’ultima cena. Lì anche noi possiamo incontrare il Risorto: quelle parole e quei gesti hanno il potere di dare un significato nuovo a tutte le nostre delusioni, sconfitte amarezze; lì possiamo recuperare la speranza dalle tante smentite ricevute dalla vita. Ogni volta che nella celebrazione dell’Eucaristia viene preso il pane e poi viene spezzato e consegnato, noi impariamo che è possibile consegnare tutto il negativo che c’è nella nostra vita, tutto il male che segna la storia del mondo e conferirgli un significato diverso secondo la volontà di Dio. E’ allora che anche noi incontriamo il Risorto e i nostri occhi si aprono a contemplare il suo volto. Allora anche le nostre piccole o grandi croci saranno trasfigurate dalla luce dell’Amore di Dio.