DOMENICA DI PASQUA

Come dice S. Agostino Gesù «ha fatto sua la nostra morte, per fare nostra la sua vita».
09-04-2023

In questa mattina di Pasqua siamo invitati ad andare anche noi assieme alle donne, a Pietro e a Giovanni là dove tutto è cominciato: a quel sepolcro vuoto da cui è partito l’annuncio della risurrezione: «Cristo non è più qui, è risorto».

Qualche mese fa in occasione di un pellegrinaggio in Terra Santa, ho avuto modo di entrare anche fisicamente nel santo sepolcro e di celebrare lì la messa. Al di là dell’emozione provata, credo però sia importante il percorso della fede: non basta vedere fisicamente, occorre arrivare al vedere della fede.

L’annuncio pasquale ha una forza inaudita e smisurata: è l’unica vera novità della storia umana. La morte è stata vinta: Gesù è vivo oltre la morte. La Risurrezione di Gesù non è semplicemente la rianimazione di un cadavere, come nel caso del fanciullo di Naim o di Lazzaro, che Gesù riportò in vita. Gesù con tutta la sua umanità, quindi anche con il suo corpo, è entrato in una dimensione nuova: è entrato nella vita di Dio. La morte è stata trasformata: è diventata una porta verso la vita, la vita vera, la vita piena, la vita che non ha fine. D’ora in poi non siamo più condannati a vivere per morire, ma se lo vogliamo ci è data la possibilità seguendo Gesù di morire per vivere. Come dice S. Agostino Gesù «ha fatto sua la nostra morte, per fare nostra la sua vita».

La Risurrezione però non è solo un dato di cui prendere atto, come tanti altri fatti storici, è un evento che chiede di essere accolto nella fede: nessuno ha assistito alla resurrezione di Gesù, lo stesso sepolcro vuoto prova solo che il corpo di Gesù non giace più lì. E’ la fede che ci permette di fare nostro l’annuncio pasquale e di essere trasformati dalla forza che proviene da esso.

Per accogliere l’annuncio della Pasqua e fare nostra la forza che ne deriva abbiamo bisogno dell’intelligenza dell’amore e dell’insegnamento delle Scritture. Non è un caso che il primo a credere sia il personaggio indicato dal Vangelo di Giovanni come il «discepolo amato»: anche se la tradizione lo ha identificato con l’apostolo Giovanni, in realtà il fatto che non ne venga dato il nome lo presenta come una «figura aperta», in cui ciascuno di noi può riconoscersi. Sapersi amati dal Signore infatti apre i nostri occhi alla luce della fede. Ancora prima di essere discepoli che amano il Signore occorre accorgersi che è lui ad amarci per primo. Solo allora i nostri occhi si apriranno allo sguardo della fede. E’ questa pure l’esperienza di Maria Maddalena che quando incontra Gesù nel giardino della risurrezione lo riconosce quando si sente chiamare per nome.

Per arrivare alla fede pasquale poi dobbiamo rifarci alle Scritture: senza un ascolto prolungato e orante della Parola di Dio, non è possibile comprendere l’evento della risurrezione, che è stato annunciato e preparato da tutta la storia della salvezza. Il testo di Giovanni lo sottolinea quando commenta la fatica dei discepoli a capire quanto era accaduto dicendo: «Non avevano compreso le Scritture e cioè che egli doveva risorgere dai morti».

Il mio augurio è che tutti voi possiate sentire la forza di rinnovamento e di speranza che viene dalla pasqua del Signore. La fede in Cristo Risorto rianimi quanti non sperano più e sono oppressi dalla sfiducia e dalla rassegnazione: seguendo Lui, Nostro Signore, si apre anche per noi la strada che porta ad una vita nuova! Non abbiamo paura di metterci in cammino con Lui.