Le letture della messa del lunedì della IV settimana di Pasqua ci offrono molti importanti spunti di riflessione per comprendere il senso profondo del ministero del Papa e quindi per accogliere nella fede il ministero di Leone XIV, il Pastore che attraverso il Collegio dei Cardinali il Signore ha dato alla sua Chiesa.
Il brano del Vangelo, tratto dal cap. 10 del Vangelo di Giovanni, ci invita a considerare l’immagine della porta dell’ovile, che è complementare a quella del buon pastore. Gesù applica a se stesso entrambe le immagini. E’ importante per comprendere il significato di queste due immagini tenere presente la sequenza: prima la porta, poi il pastore. Questa sequenza non è affatto causale: solo se prima comprendiamo che cosa vuol dire che Gesù è la porta, possiamo poi comprendere che cosa significa che Gesù è il pastore. Gesù identificandosi con la porta dell’ovile si definisce unica via di accesso alle pecore e dunque Lui è l’unica porta che deve attraversare chi vuole condurre le pecore verso i pascoli. Tutti coloro che non passano attraverso di Lui vanno considerati come i ladri e i briganti che pensano di poter avere accesso al recinto del gregge da altrove. L’immagine della porta quindi definisce anche quella del pastore: nessuno nella Chiesa (il «gregge di Dio») può dirsi pastore se non vive un legame profondo con Gesù, l’unica porta attraverso la quale si possono raggiungere le pecore e attraverso la quale devono passare per raggiungere i pascoli della vita. Questo brano del Vangelo di Giovanni ci offre quindi la chiave per comprendere anche il ministero del Papa: egli è il pastore della Chiesa universale non soltanto per una designazione umana, ma perché è legato a Cristo in forza del mandato dato a Pietro e trasmesso ai suoi successori come vescovi di Roma. Ed è significativo che nella prima omelia nella Messa con i cardinali Papa Leone abbia insistito proprio sulla fede in Gesù Cristo Figlio di Dio come fondamento del suo servizio e di tutta la vita della Chiesa.
Questo legame con la volontà del Signore emerge anche dal brano degli Atti degli Apostoli, sentito nella prima lettura, che fa riferimento all’incontro di Pietro a Cesarea con Cornelio, un ufficiale pagano, che segna l’apertura della prima comunità cristiana ai pagani. La notizia che i pagani hanno accolto la Parola di Dio sconcerta la comunità giudeo-cristiana di Gerusalemme che chiede a Pietro di giustificare il suo comportamento accogliente nei confronti dei pagani. Pietro risponde mostrando come tutto quello che lui ha fatto non è frutto di una sua iniziativa personale, ma nasce da un’ispirazione venuta dall’alto. E’ la discesa dello Spirito su Cornelio e sulla sua famiglia, quasi una nuova Pentecoste, che porta Pietro aduna nuova comprensione del disegno di Dio sulla Chiesa. Anche oggi il Papa, successore di Pietro, è chiamato a discernere l’ispirazione dello Spirito che conduce la Chiesa a dare nuove risposte alle sfide e ai problemi del nostro tempo: ciò che guida l’insegnamento e le decisioni del Papa non sono considerazioni umane ma la ricerca di ciò che il Signore vuole per la sua Chiesa.
Questi cenni ci aiutano ad avere uno sguardo di fede sul Papa, uno sguardo quanto più necessario oggi, in un tempo in cui i media indugiano sulla dimensione umana del papa e della Chiesa, cosa legittima (il papa è un essere umano e la Chiesa è anche una comunità visibile, fatta di uomini) ma insufficiente. Occorre che anche noi, come ha scritto il card. Parolin in una bella lettera indirizzata ai suoi conterranei di Vicenza, «entrare in una logica diversa, la logica della fede», andando oltre gli aspetti semplicemente umani per cogliere l’azione di Dio, che si manifesta anche attraverso le scelte e le decisioni degli uomini chiamati ad essere pastori della Chiesa. E’ questo il «mistero» della Chiesa, che siamo chiamati a fare nostro con uno sguardo nutrito non solamente di ragionamenti e argomentazioni umane, ma uno sguardo alimentato dalla fede in Gesù Cristo e nel suo disegno di salvezza. Come scriveva negli anni ’50 del secolo scorso Charles Journet, non basta discutere sulla Chiesa, parlare di essa dall’esterno come se non ne facessimo parte: è necessario invece che viviamola Chiesa e il suo mistero: «A forza di considerarla come dal di fuori per dissertare a suo riguardo, non si finisce forse per prendere l’abitudine nel proprio intimo, di distaccarsene? Non si corre il rischio se non di spezzare, di allentare almeno quei vincoli intimi, senza i quali non si è più cattolici autentici? (…) La Chiesa non è una realtà di questo mondo che si presti a tutte le misurazioni e le analisi. “Finché dura l’esistenza presente essa non può essere perfettamente conosciuta, ma rimane nascosta come sotto un velo” Essa è un mistero di fede» (Charles Journet, Meditazione sulla Chiesa, Milano 1979, p. 7).