NATALE DEL SIGNORE – MESSA DELL’AURORA

«I pastori andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino adagiato nella mangiatoia»
25-12-2023

Il mattino di Natale la liturgia ci invita a fissare il nostro sguardo sulla scena della natività, quella scena che apparve agli occhi dei pastori: «Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino adagiato nella mangiatoia». È la scena riprodotta dal presepio, tradizione iniziata da San Francesco 800 anni fa. Il testo del Vangelo è molto sobrio e si ferma solo sugli elementi essenziali: Maria, Giuseppe, il bambino, la mangiatoia. Non compaiono l’asino e il bue, che invece vennero inserite più tardi sulla scorta di alcuni passi dell’Antico Testamento in cui la manifestazione del Messia veniva messa in relazione ai due animali. L’evangelista Luca invece è più attento a cogliere l’atteggiamento dei protagonisti: in particolare viene sottolineato l’atteggiamento di Maria: «Maria da parte sua custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore». Maria ci viene presentata non solo come la donna dell’ascolto, ma anche come colei che sa riflettere, capace di pensare e di confrontare la parola di Dio con la realtà dei fatti in modo da far maturare la fede con la sua vita interiore.

In questa notazione dell’evangelista Luca c’è una preziosa indicazione anche per noi: per vivere il Natale nel suo significato più profondo abbiamo bisogno non solo di vedere e di ascoltare, ma anche di gustare interiormente l’evento della nascita di Gesù. Chi si accosta con superficialità non può vivere il Natale, occorre assimilare il senso profondo di questo evento, riviverlo dentro di noi. Era questa l’intenzione di San Francesco quando 800 anni fa a Greccio la notte di Natale fece portare un bue, un asinello e una mangiatoia. Fu questo il primo presepio: mancavano la Madonna, San Giuseppe, il bambino, ma quello che interessava a Francesco era «vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello». Francesco voleva «vedere» la povertà e l’umiltà in cui era nato il Figlio di Dio per gustare interiormente il suo amore. Tommaso da Celano, il primo biografo del Santo, racconta che quella notte proclamando il Vangelo ogni volta che ripeteva le parole «Bambino di Betlemme» si passava la lingua sulla bocca quasi volesse gustare la dolcezza dell’evento che veniva rappresentato. Non solo vedere quindi ma anche gustare per essere veramente toccato dall’amore di Dio rivelatosi nel Bambino di Betlemme.

Dobbiamo riconoscere che i riti della nostra società consumistica ci distraggono e ci portano lontano da questa esperienza interiore necessaria per vivere un Natale cristiano (non pagano). Possiamo però decidere di andare controcorrente e rientrare in noi stessi per esercitare quei sensi spirituali che ci permettono di percepire che cosa è accaduto quella notte a Betlemme e quale dono grande ci è stato fatto. Se ci riusciremo potremo non solo cambiare noi stessi, ma diventare capaci di generare una vita nuova attorno a noi. La nascita nella carne del Figlio di Dio è un nuovo inizio per l’umanità: appropriarci di questo evento, riviverlo nel nostro cuore, ci permette di guardare con uno sguardo diverso le vicende umane e di alimentare la luce della speranza che sconfigge il buio del peccato e della morte.

Adria, Cattedrale, 25 dicembre 2023